martedì 11 ottobre 2011

PERCHE’ SEL NON ADERISCE ALLA “MARCIA PER IL LAVORO” E PROPONE DI RIAPRIRE IL CONFRONTO

La crisi che sta attraversando il Paese non lascia certo indenne il Polesine, territorio che già sconta un sostanziale ritardo rispetto allo sviluppo economico del resto del Veneto.
In particolare, in questi ultimi anni, abbiamo assistito al pesante ridimensionamento di settori produttivi un tempo punti di eccellenza: l’agricoltura e il tessile-abbigliamento su tutti.
A questi settori si sono via via aggiunti il metalmeccanico, l’edilizia e le costruzioni con crisi complesse che hanno riguardato Acc (ex Zanussi), Grimeca, Cantieri Navali Visentini (per citare le più evidenti!) e molte altre medie e piccole imprese industriali e artigiane.
Anche i settori che sembravano destinati a “supplire” alle difficoltà di quelli tradizionali, quali la più o meno grande distribuzione e i servizi a imprese e persone, stanno subendo la crisi in modo drammatico.
Tutto ciò sta producendo un pesante impoverimento per migliaia di polesani e la perdita di potenzialità produttive che non saranno così in grado di sostenere e accompagnare il rilancio economico del territorio.
Per cercare di dare risposte a questa drammatica crisi, nelle scorse settimane Unindustria di Rovigo ha pensato di proporre un percorso di sensibilizzazione sociale con l’obiettivo di dare uno scossone allo stato di apatia (a loro dire) che sta attraversando la realtà economica polesana.
Delle ragioni di fondo a sostegno della cosiddetta “Marcia per il lavoro”, abbiamo appreso attraverso la stampa dalle dichiarazioni dei proponenti e di coloro che hanno aderito alla manifestazione.
Questa iniziativa avrebbe avuto una funzione sicuramente utile se avesse saputo aggregare e promuovere, attorno a degli obiettivi precisi, l’intera comunità economica, sociale e politica presente in Polesine.
I contenuti e il progetto rappresentato dai vertici locali di Unindustria, appaiono invece
vaghi, sterilmente orientati a generici richiami alla politica e alle istituzioni locali, privi di un qualsivoglia progetto per la prospettiva.
Così come appaiono assolutamente lontani dall’individuare le responsabilità precise che trattengono il Paese e le realtà locali dentro una crisi di queste dimensioni:
nulla sulle responsabilità del Patto di stabilità che blocca gli Enti Locali, non solo rispetto alla possibilità di procedere in nuove opere tese a migliorare l’assetto urbanistico, ma anche rispetto al pagamento dei lavori già effettuati da varie imprese;
nulla sul federalismo fiscale e sulle ricadute a favore degli Enti Locali e dei cittadini;
nulla si dice sulla mancata ratifica da parte del Governo circa il riconoscimento del Polesine tra le Aree di crisi;
nulla sulle politiche sanitarie della Regione, che tanti sprechi hanno prodotto anche nel nostro territorio, e sui tanti risparmi possibili che potrebbero essere destinati allo sviluppo;
nulla sulla necessità di avviare una nuova fase nella quale affrontare compiutamente i temi della razionalizzazione e semplificazione delle aziende di pubblica utilità, senza pensare esclusivamente alle privatizzazioni;
nulla infine sulle responsabilità e sul ruolo di Unindustria locale e di altre Associazioni della rappresentanza d’impresa, che per anni non hanno saputo svolgere un ruolo di stimolo concreto all’economia locale, salvo addossare i destini futuri del Polesine solo agli esiti della riconversione della centrale Enel di Polesine Camerini.
Nulla quindi, tranne critiche ad altri soggetti e sostanziale autoassoluzione, proponendosi in buona sostanza in una leadership improvvisata e non riconosciuta, senza un progetto e senza idee.
E si potrebbe continuare a lungo sulle ragioni che condizionano in negativo le possibilità delle Amministrazioni locali e non comprese nelle motivazioni alla base della manifestazione del 15 ottobre prossimo.
In questo goffo tentativo di primazia sociale ed economica (quindi politica!) da parte di Unindustria, anziché elaborare e condividere un progetto realmente in grado di contribuire al rilancio economico del territorio, si è scelto di procedere senza fermarsi a cogliere i contributi provenienti da più parti, solo perchè ritenute non completamente in linea col pensiero confindustriale.
Si è perciò scelto, in questo modo, di lacerare ulteriormente un già debole tessuto sociale e questa è una responsabilità politica e storica che peserà sulle spalle di chi ha scelto questa strada anziché la partecipazione di tutti ad un progetto per la prospettiva.
Duole infine rilevare che, anche da parte sindacale, vi sia una rincorsa miope da parte della Cisl all’accreditamento confindustriale a prescindere dai contenuti e dagli esiti futuri di questa adesione, povera di contenuti economici e sociali ma ricca di messaggi politici.
Ciò appare ancora più grave in quanto Cgil e Uil, così come altre Associazioni di rappresentanza, non avevano assunto posizioni di chiusura ideologica verso la possibilità di promuovere una azione a sostegno di un progetto condiviso, ma ponevano in premessa la necessità di costruire un progetto in grado di coinvolgere tutti i protagonisti locali.
Questa fase, nelle relazioni sindacali, non è certamente delle più facili, ma appare quanto mai incomprensibile come, da parte della Cisl locale, nel momento in cui molto faticosamente si tenta di ricucire un rapporto unitario a livello nazionale, si agisca con una sorta di furore iconoclasta teso a tagliare i ponti con ogni opportunità di riprendere i tenui fili dell’unità sindacale, finendo per affiancare, rinunciando alle proprie prerogative e alla necessaria capacità critica, posizioni confindustriali che molto sanno di politico e poco di reale disponibilità ad assumere fino in fondo il “ruolo sociale dell’impresa”.
Le ragioni di chi produce, di chi amministra il bene pubblico, di chi detiene il potere sulle risorse economiche utili a sostenere lo sviluppo, di chi detiene gli strumenti del sapere e li trasforma in opportunità per le future generazioni, devono essere considerate fondamentali opportunità per lo sviluppo del territorio e procedere escludendo chi non si allinea con la presunzione di alcuni non conduce da nessuna parte.
Queste sono le ragioni che motivano Sinistra Ecologia e Libertà di Rovigo a non aderire alla manifestazione del 15 ottobre prossimo e nel contempo a promuovere e sostenere tutte quelle iniziative che abbiano come scopo non la ragione di questo o quel Soggetto della rappresentanza, ma  lo sviluppo del territorio.
Per le stesse ragioni riteniamo infine incomprensibile la timidezza con la quale la Provincia di Rovigo ha affrontato questa fase solo sul terreno dialettico, anziché promuovere una iniziativa forte che fosse in grado di catalizzare l’interesse e la partecipazione di tutti i soggetti della rappresentanza, a partire dalle importanti elaborazioni scaturite dagli Stati Generali, frutto dell’impegno di tutti e che potrebbero rappresentare la piattaforma condivisa di una nuova fase di rilancio dello sviluppo in Polesine.
Chiediamo pertanto a Unindustria e a coloro che hanno a cuore l’interesse del nostro territorio, di sospendere l’iniziativa del prossimo 15 ottobre e di contribuire in tal modo alla ripresa del confronto più ampio possibile, indispensabile per affrontare uniti la difficile fase congiunturale che abbiamo di fronte.

Rovigo 11 ottobre 2011
                                                                                  La Segreteria Provinciale
                                                                                                SEL Rovigo

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