Perché “ragazze interrotte”?
La crisi finanziaria in corso è tale da mettere a rischio le condizioni di sostenibilità del vivere e del convivere di larghe sezioni della popolazione globale, minando alla radice anche sistemi di sicurezza sociale che hanno caratterizzato lo sviluppo storico dei Paesi occidentali.
Il lavoro, in questi Paesi, è sotto scacco, privato di diritti, tutele, garanzie. Futuro.
Perché la crisi non è un episodio isolato, non è di tipo congiunturale. E’ strutturale e sistemica e le sue dimensioni sono tali da sconvolgere tutti i quadri di riferimento. Investe l’eurozona e mette in evidenza i limiti strutturali dell’Unione europea, evidenziando, prima ancora del rischio di default, il democratico deficit dell’Ue, che è strutturale e di origine. Europa delle banche e dei mercati e non dei popoli e del patto democratico; Europa dei poteri economico-finanziari e non dei poteri politici. Di conseguenza, per fuoriuscirne, si devono battere strade nuove, trovando risposte adeguate dal punto di vista sociale e ambientale e delineando modelli alternativi di sviluppo. “Ragazze interrotte”: una metafora sociale e simbolica della società colpita dalla crisi.
Un film di James Mangold uscito nel 1999, definiva così delle giovani donne affette da alcune patologie che ne avevano deviato la personalità. Ragazze in cerca di identità. E’ un po’ quello che sta succedendo oggi a un’intera generazione di donne la cui patologia è rappresentata dalla precarietà. Nel lavoro, nell’esistenza, nelle relazioni col mondo, nell’intreccio delle contraddizioni che rendono inestricabili i percorsi della vita.
Donne giovani e giovanissime – distanti ormai per età ma vicine nella condizione occupazionale ed esistenziale – che sono le maggiori depositarie degli effetti patologici della crisi economica. In Italia, in modo particolare. Se infatti la crisi è globale, nel nostro Paese essa è riuscita a raggiungere punti di diseguaglianza sociale paragonabili solo ai periodi più neri del Novecento.
Le donne ne fanno le spese in maniera esponenziale, via via che la crisi dura e le politiche di massacro sociale si moltiplicano. Ai tradizionali problemi a cui loro sono abituate – difficoltà di accesso all’occupazione, retribuzioni più basse degli uomini, impossibilità di crescita nei settori di riferimento, di rivestire ruoli apicali, di determinare davvero le scelte che contano per il Paese – si aggiungono fattori ancora più allarmanti come l’aumento dell’inattività, la precarietà senza tutele, la distruzione di qualsiasi forma di welfare.
Implodono i punti di riferimento di un’intera epoca che aveva promesso benessere e futuro per il presente e il domani. Anche le ragazze di una volta sono in qualche modo “interrotte”: sui licenziamenti improvvisi in età avanzata, sul pensionamento sempre più lontano, sulle preoccupazioni esistenziali per il futuro delle loro figlie, figli, nipoti. Sull’Europa che sembrava un futuro certo per le generazioni a venire e non c’è più. Cancellate all’improvviso le illusioni di acquisizioni durature e avanzamenti garantiti per sé e per chi sarebbe venuto dopo.
Ragazze interrotte, allora, in precario equilibrio sul filo della vita: soprattutto un’intera generazione di giovani e giovanissime donne che sanno di doversi rimettere in gioco ogni giorno a tutti i livelli. Saranno al centro dell’incontro-seminario, aperto e plurale, e dell’assemblea pubblica che lo concluderà.
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