venerdì 16 novembre 2012

POLITICA DEI TRASPORTI


Amartya Sen, premio Nobel per l’economia nel 1998, causticamente sostiene: “non esiste penuria nel mondo, il solo problema con cui dobbiamo confrontarci è quello della logistica”.
La politica di un Paese sviluppato non può trascurare – come l’Italia pare nel corso degli ultimi decenni avere fatto – il tema dell’allocazione delle risorse, il diritto alla mobilità dei cittadini, la distribuzione efficiente delle materie e prodotti che aziende e consumatori rispettivamente utilizzano e adoperano. L’analisi dei problemi in cui versa il settore è la premessa necessaria per una loro possibile soluzione.
Soltanto il 6% delle merci che quotidianamente vengono movimentate in Italia viaggia su rotaie, il resto è veicolato attraverso gomma: camion e furgoni che generano evidenti problemi di inquinamento ambientale. Quello ambientale è tuttavia purtroppo un aspetto del problema, non l’unico. Il numero eccessivo di competitori che operano in un mercato privo di regole, ha generato nel tempo una competizione malata, dove il prezzo più salato viene pagato dai lavoratori che vi sono impiegati. Esiste all’uopo tutta una fenomenologia dello sfruttamento, dell’evasione fiscale e del malaffare che di tanto in tanto sale agli onori della cronaca svelando l’impotenza delle istituzioni e il disinteresse della politica.
E se le merci sono abbandonate al loro destino, di questi tempi è messa in discussione pure la mobilità delle persone: un principio che dovrebbe essere tutelato costituzionalmente. Il trasporto pubblico locale vive dei finanziamenti che attraverso le regioni il fondo nazionale eroga. Gli ultimi anni ne hanno descritto una progressiva erosione con notevoli difficoltà per le aziende di garantire un servizio adeguato. Il panorama italiano è a riguardo assai variegato con differenze notevoli tra regione e regione oltre che tra province al’interno della stessa regione: differenti le compagini sociali delle aziende (private o a partecipazione pubblica), differenti sono i fondi che le stesse percepiscono sui chilometri percorsi, diseguali il trattamento economico dei lavoratori e il costo del biglietto pagato dagli utenti.
La politica porta una grave responsabilità nell’avere riversato sulla collettività i costi della sua manifesta incapacità. Nel non aver saputo razionalizzare ed efficentare il servizio, eliminando doppioni, riducendo lo spreco, promuovendo politiche d’incentivazione all’utenza e contribuendo a generare economie di scala, magari eliminando qualche consiglio di amministrazione prima di colpire utenti e lavoratori. Con i dovuti distinguo il ragionamento può essere tranquillamente mutuato al comparto ferroviario, che pare dirigersi verso un servizio meramente commerciale piuttosto di rispondere ai bisogni dei pendolari, lavoratori e studenti.
Il comparto del trasporto italiano, in tutte le sue declinazioni, svela dunque il fallimento più eclatante delle politiche liberiste perseguite degli ultimi decenni. Agli operatori del trasporto è stata addossata la responsabilità di sostenere un mercato falsato e disorganizzato, dove ognuno finisce per trovare la propria e del tutto personale scappatoia. Insomma, secondo la solita vecchia maniera, tipicamente italiana, di pensare ad una concorrenza avulsa da un quadro normativo chiaro e condiviso! Il Comitato per Nichi Vendola intende suggerire una riflessione sul tema, nell'ottica di un progetto di ribaltamento del funzionamento del trasporto merci. Innanzitutto lanciando l'idea di una regolamentazione chiara e coerente dei trasporti, che ponga al centro un potenziamento della mobilità di merci e persone su rotaia, oltre che di tipo fluviale e marittimo (caratteristiche particolarmente congeniali anche nel nostro territorio), nella prospettiva di un'emancipazione del settore dai capricci delle leggi liberiste della concorrenza e di disincentivo dei trasporti aerei e su gomma, altamente impattanti dal punto di vista ambientale.


Nessun commento:

Posta un commento