Un Convegno importante e denso di
contenuti è stato quello di ieri a Rovigo sul Piano Sanitario Regionale e il Polesine. Le forze politiche erano presenti e hanno
dato un contributo anche offrendo la propria disponibilità per un
tavolo di ulteriore confronto.
Dopo l'introduzione del consigliere
comunale Giovanni Nalin e i saluti del Sindaco di Rovigo Bruno Piva,
la relazione di Francesco Gennaro (SEL) ha fatto il quadro di una
riforma tanto “condivisibile nelle linee guida teoriche” quanto
“vaga e indefinita”, in mancanza delle schede attuattive.
Gennaro ha riferito della prospettiva
non più “ospedalo-centrica”, in quanto il perno del nuovo piano
sarebbe costituito dai distretti, in cui giocherebbero un ruolo di
primo piano i medici di famiglia, e poi della assistenza ospedaliera
che sarebbe completamente rivisitata, secondo una classificazione di
maggiore o minore autonomia: Rovigo dovrebbe rimanere un ospedale
hub, ovvero centrale, perno
dell'intero sistema. Riguardo ai posti letto il Veneto avrebbe
già deciso per un numero inferiore a quanto indicato recentemente
nella spending review. Gennaro ha poi fatto un appunto alla
Regione sul sistema di controllo che non prevede un organo esterno,
ma solo interno: “affidando tutto ad un sistema di autocontrollo
sarà quasi impossibile riuscire prima ad individuare e poi risolvere
i problemi esistenti”. Un plauso è stato fatto da parte di
Gennaro al fatto che il Piano difenda la sanità pubblica (almeno
nelle sue linee guida) e una raccomandazione contro il project
financing che sta impegnando la spesa pubblica in maniera
sostanziosa a livello regionale, vedi l'ospedale di Mestre.
In rappresentanza dei medici di
famiglia è intervenuto il dottor Mossuto il quale ha indicato che
nel piano, dove non si parla più di UTAP, c'è la prospettive di
raggruppamento dei medici in una rete, al servizio di 20-30mila
abitanti, con una certa libertà organizzativa per le diverse USSL,
senza però alcuna garanzia sui finanziamenti. Secondo Mossuto il
previsto aumento della disponibilità oraria dei medici di famiglia
(tutto il giorno, sette giorni su sette) non potrà risollevare le
strutture di primo soccorso (le uniche attualmente capaci di dare una
risposta qualificata) senza la creazione di una “fortezza armata”,
con personale e attrezzature per le diagnosi trasferite sul
territorio presso i medici di famiglia.
“I tagli sulla sanità colpiscono
particolarmente la disabilità, mentre la spesa sanitaria dovrebbe
essere considerata un investimento”, ha detto nel suo accalorato
intervento Nina Daita, responsabile nazionale Area disabilità CGIL.
“Le risorse per la disabilità sono state tutte tagliate anche
nella scuola e per far riconoscere le ore di sostegno siamo costretti
a ricorrere sempre più al giudice”. Daita ha poi affermato che
alcune forze politiche hanno condotto una vera e propria lotta contro
gli invalidi perché venissero considerati “falsi invalidi”. Si
dovrebbe partire dai bisogni, che devono essere riconosciuti, ma
purtroppo bisogna lottare per difendere anche le indennità di
accompagnamento. “C'è bisogno di una classe politica seria, capace
di ricostruire una società civile. Assistiamo spesso solo ad
atteggiamenti pietistici”, ha concluso Nina Daita.
Nel corso del dibattito numerosi e
significativi sono stati gli interventi in particolare dei
consiglieri regionali Azzalin (PD) e Corazzari (Lega Nord), del
segretario FP CGIL Davide Benazzo, dell'assessore provinciale G.
Brusco e di G. Pineda (PRC), del responsabile sanità del PD polesano
M. Mazzo, dei rappresentanti delle associazioni della disabilità
FISH e ANMIC.
Dopo il dibattito le conclusioni sono
state affidate a Fortunato Guarnieri e Mauro Valiani (SEL nazionale).
Guarnieri ha fortemente criticato il
ticket sanitario, che pesa sulle famiglie e che sarebbe il vero
responsabile della riduzione della erogazione dei servizi da parte
delle USSL , e ha poi indicato come la strada principale di un piano
sanitario debba essere costituito dalla prevenzione primaria: “serve
la costruzione di distretti dove praticare la prevenzione. Bisogna
considerare prima di tutto dove si vive, che aria si respira, cosa si
mangia”. Un'altra forte critica è stata rivolta poi alla
“onnipotenza dei direttori generali” delle Ussl venete, nel senso
che una maggiore importanza deve essere attribuita alla Conferenza
dei sindaci, per dare maggiore responsabilità alle realtà locali.
Mauro Valiani ha sostenuto che le
politiche sanitarie e sociali in tempi di crisi dovrebbero andare in
direzione contraria cioè che “nei momenti più duri vanno
ricostruiti i diritti fondamentali”, come fece in Inghilterra il
governo di Churchill durante la guerra (mentre ora con Cameron si va
verso la soppressione del servizio pubblico).
Valiani ha parlato di un aumento delle
diseguaglianze nei servizi sanitari, fatto spesso legato alle
maggiori o minori difficoltà nella capacità di accedere e alla
disponibilità delle informazioni, e del problema della integrazione
fra ospedale e territorio. Ha osservato come nel Piano sanitario ci
sia una “estrema periferia dei diritti sociali” e che si dovrebbe
ricorrere a dei “Piani integrati di salute” con la partecipazione
dei Comuni. Due sarebbero le linee guida: dare maggiore poteri ai
sindaci e una organizzazione degli ospedali in un ambito di area
vasta. “Per una buona amministrazione bisogna puntare alla salute e
non a fare cassa”.